Tenuto conto che la psicoterapia ha nel suo stesso nome un inganno: non sappiamo se ciò che facciamo cura, né perché, eventualmente, cura. Noi,dobbiamo ammetterlo, non sappiamo come intervenire precisamente e questo accade forse anche perché non sappiamo abbastanza della malattia.
Tenuto conto che gli psicofarmaci sono i soldoni della farmacopea, l’approssimazione chimica che sgrossa gli eccessi di adrenalina, la scarsità di serotonina o di dopamina e, anche se non finiremmo mai di ringraziare per l’aloperidolo, l’antidelirio, che novanta volte su cento funziona, noi quelle 10 rimanenti non ce le spieghiamo.
E anche se ce le spiegassimo, qualcosa nella ricostruzione della cilecca del farmaco, continua a sfuggirci, perché non abbiamo ancora una vera alternativa. Si va per tentativi, grossolanamente per massimi sistemi. Ma, dobbiamo ammetterlo, rispetto alla chimica per curare il diabete, l’ipertensione o l’ulcera gastrica, noi non abbiamo una risposta ugualmente puntuale. E anche lì, in diabete ipertensione gastrite, si tratta di cure senza restitutio ad integrum. Vuol dire: quasi mai la medicina restituisce la salute al paziente. Piuttosto lo allevia, ne stempera i sintomi, rallenta l’aggravarsi della malattia.
Tenuto conto, insomma, del fraintendimento sulla parola ‘terapia’ e di quanto ognuno di noi debba far pace con la sua impotenza, tra tutte le cose che non so, ce n’è una che invece: io e te ci narreremo la tua storia, tu in prosa di sofferenza, addentrandoti nei tuoi stessi meandri, io interloquendo in poesia, scartavetrando ogni parola fino a farla fiorire. La terapia è poesia,sintesi, visione integrata in nemmeno una riga. Perché anche una sola parola può essere chiave.