Quanto hai pianto,
così tanto,
che i tuoi singhiozzi
scuotevano le mie stesse spalle,
mentre me ne andavo.
Mi ricordo quelle mattine
chiare d’aprile
i nostri giovedì al mare,
sulla spiaggia ancora deserta,
i tuoi vestiti di petali,
gli occhi tuoi poggiati
al collo
agli zigomi
al seno,
quanto speravo
in noi.
Ma no,
non era speranza,
non la chiamavo così,
ci stavo dentro in silenzio,
volendo credere,
in attesa.
Secoli di lune e menopausa
istanti interminabili
di guerra e clangori,
ci sono state canzoni e partite,
e tanta acqua verdastra sotto il mio balcone.
Sii felice, mio amore perso,
creatura bellissima sul bordo della magia,
eppure così vera, così stropicciata e dolente,
ti ricordi il momento prima di baciarci?
Così vorrei tu ti sentissi
così voglio sentirmi:
con un tremore di gioia
sospeso
prima della vita
che è la vita.