Fatina Sed fu arrestata nel 1944 a Roma e deportala ad Auschwitz a tredici anni. Lei e il fratello furono gli unici a sopravvivere della loro famiglia. Solo molti anni dopo riuscì a scrivere la sua storia su un quaderno, fortunosamente ritrovato dalla nipote Fabiana. Attraverso una lingua semplice, diretta, priva di orpelli o digressioni, e proprio per questo estremamente efficace, Fatina riporta i fatti così come si erano svolti e come la sua mente ancora bambina li aveva cristallizzati nella memoria. Sono pagine preziose per la forza e la verità che sprigionano, che ci lasciano attoniti ancora una volta, come se tutto ciò che sappiamo della ferocia del fascismo e del nazismo non fosse mai sufficiente. Ciò che rende unico questo libro, inoltre, è il lavoro fatto dalle due curatrici – entrambe psicoterapeute -, che non si sono limitate a prendere in esame la storia di Fatina ma hanno tentato di fare luce sulle conseguenze che quell’esperienza inumana ha avuto e ancora ha sulle generazioni successive, sulle figlie e sui nipoti di Fatina, di cui vengono riportate qui le testimonianze
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