È tutto sotto controllo.
Le esplosioni interne non si vedono da fuori,
nemmeno un baluginio dagli occhi,
un lampo che avverta.
Nulla trapela, di me,
mentre sembro espormi,
narrarmi addirittura.
Io sono lo specchietto per allodole
di me stessa,
al punto che
nemmeno io sono al corrente.
Lentamente si sgretola il senso,
quasi senza accorgermene
ho smesso di anelare.
C’è una perdita stillante dal soffitto,
l’intonaco caduto scricchiola sotto i piedi,
la casa è compromessa,
non crollerà, ma non sarà più lei.
La distanza tra me e tutto
è un cuscinetto antalgico
che prefigura la morte:
lo constato con bella indifferenza.
Sono una barbona
che non può spiegare nulla,
perduta in se stessa
estranea ovunque.
Eppure, questa sono io.
Le peggiori cose si consumano
tra le mura,
come nei nostri condominii,
mentre fuori fluisce un passaggio di gente
che non vede nulla.